Nonostante la sede del gruppo non sia ancora ufficialmente aperta al pubblico a causa della pandemia, il calo delle restrizioni ha fatto in modo e maniera da farci venire nuovamente la voglia di riunirci. In seguito ad alcune richieste , tra l’altro graditissime, di serate divulgative, non ci siamo certamente dimenticati il calendario annuale, per cui ci siamo trovati per valutare il modo di poter effettuare le serate divulgative rispettando le normative anti covid19.
Dopo diverse prove abbiamo quindi stabilito che è possibile organizzare le serate nonostante le difficoltà del momento e siamo quindi pronti a metterci in gioco anche quest’anno con più o meno tutte le date previste ed anche le nuove opportunità che andremo via via raccogliendo.
Oltretutto era in progetto un ciclo di 4 serate osservative a Marina di Pietrasanta, sul pontile di Tonfano, previsto per il mese di luglio, in collaborazione con il Comune di Pietrasanta. Ci stiamo lavorando, tenete quindi d’occhio il nostro sito, la nostra pagina di Facebook “Gruppo Astrofili Astroversilia”, perchè…. vi faremo vedere le stelle!
Riprendiamo da dove avevamo lasciato nell’ultimo articolo. Ricapitolando brevemente, abbiamo spiegato la funzione autofocus di Ekos e successivamente il plate solving. Sincronizzata la montatura col planetario, M51 inquadrata perfettamente al centro del fotogramma, siamo pronti per verificare se le operazioni svolte in precedenza sono state eseguite da manuale. Apriamo la task di Ekos dedicata alla sessione fotografica, contrassegnata dall’etichetta con la fotocamera, ed andiamo a settare i parametri per effettuare uno scatto di prova.
Come si può vedere nell’immagine, avendo puntato il soggetto M51, tutte le immagini che andremo a scattare in questa sessione avranno il prefisso M51, così da poterle riconoscere nella cartella da voi prescelta per il salvataggio delle immagini. Immagini che possono essere di due tipi: o native (RAW), che quindi avranno estensione come dettato dalla vostra fotocamera, ossia CR2 con Canon, NEF con Nikon, ORF con Olympus e chi più ne ha più ne metta, oppure possiamo scegliere di salvarle in formato FITS. Il FITS (dall’inglese Flexible Image Transport System ovvero: Sistema di trasporto delle immagini flessibile) è un formato di file aperto usato per le immagini scientifiche e altre immagini. È un formato molto comune in astronomia poiché permette di includere nel file informazioni come ad esempio calibrazioni fotometriche o spaziali.
Sempre dallo stesso pannello possiamo selezionare il tipo di immagine che vogliamo scattare: Light, Dark, Flat, Bias ecc.; le immagini salvate durante la sessione fotografica, già con il prefisso formato dal nome del soggetto scelto sul planetario, avranno nel nome file la specifica del tipo di foto che stiamo facendo. Non solo. Le immagini verranno automaticamente smistate nelle cartelle di competenza, ossia i light li troveremo nella cartella light, i dark nella cartella dark e via così.
Siamo già troppo avanti perchè abbiamo parlato delle immagini salvate, ma non di come ottenerle. Guardiamo nuovamente l’immagine precedente ed andiamo a selezionare la sensibilità desiderata, nel nostro caso 1600 iso, con l’apposito menù a tendina, e successivamente il tempo di ripresa. Per uno scatto di prova, al fine di controllare che tutto sia a posto e che effettivamente il nostro soggetto sia effettivamente lì, andiamo ad inserire il tempo di 30″.
Cliccando quindi sul tastino rappresentato dalla fotocamera facciamo il nostro primo scatto di prova, 30″ a 1600 iso su M51. Aspettiamo i nostri bravi 30″ ed alla fine dello scatto il visualizzatore si aprirà mostrandoci l’immagine ripresa in bassa risoluzione
Anche se 30″ sono pochi, il soggetto è abbastanza chiaro e ci fa capire che si trova esattamente al centro del nostro fotogramma. Ciò significa che le operazioni effettuate prima di cominciare a scattare sono state eseguite alla perfezione e, se la guida è ben calibrata, riusciremo a fare lunghi scatti ottenendo stelle perfettamente rotonde. Andiamo quindi a vedere come si impostano le sessioni fotografiche su Ekos. Riproponiamo quindi l’immagine precedente però analizzandola stavolta in più punti:
Cominciamo in sequenza a guardare le varie opzioni che ci servono per pianificare la nostra sessione fotografica: Esposizione espressa in secondi, vista l’ortogonalità della guida al 99% proviamo subito una posa lunga. Decideremo dopo aver visto l’istogramma del primo scatto se è il caso di usare questo tempo. Sensibilità lasciamo 1600 iso, anche lì decideremo in seguito se continuare ad utilizzare questi parametri. Perchè? Semplicemente perchè se sono corretti abbiamo evitato di buttare via 7 minuti di tempo utile, ricordandoci che a fine sessione dobbiamo anche fare i dark, e alla fine della serata la stanchezza si fa sentire. Scatto salvato, tempo risparmiato.
I nostri primi scatti saranno i light, per cui lasciamo il tipo di immagine su light, mentre invece nella casella numero andremo ad inserire il numero di scatti che intendiamo effettuare nella nostra sessione. Nella casella ritardo invece andremo ad inserire il tempo di pausa espresso in secondi che vogliamo lasciare fra uno scatto e l’altro. Il tasto custom proprieties apre un menù che ci permette di selezionare le varie voci che vogliamo trovare nei dati exif di ogni scatto. La funzione è comunque trascurabile.
Bene, adesso tutti i parametri della nostra sessione sono stati inseriti, li andiamo a ricapitolare: 10 scatti da 7 minuti cadauno a 1600 iso con una pausa di 20 secondi, tipo light e soggetto inquadrato M51. Benissimo, ma adesso come facciamo a spiegare ad Ekos di tradurre in un click tutta questa bella pappardella sopra descritta? Niente di più semplice, andiamo a vedere l’immagine sottostante:
Nella parte relativa alla sequenza, è sufficiente, dopo aver BEN impostato i parametri che intendiamo utilizzare, fare clic sul segno + e la nostra sequenza comparirà nel riquadro sottostante ma ancora INATTIVA.
Per attivare la nostra sequenza è sufficiente evidenziarla facendo un doppio clic sulla sequenza inattiva e poi facendo un clic sulla spunta a V soprastante. Naturalmente possiamo avere impostato numerose sequenze e poi averle messe tutte in coda nell’elenco. Resta quindi scelta nostra attivare la sequenza che vogliamo far partire. Qualsiasi sequenza può essere eliminata dall’elenco cliccando sul tasto – dopo averla selezionata. La sequenza cancellata non potrà essere ripristinata, e, in caso di errore di cancellazione, dovrà essere ricostruita ed aggiunta nuovamente. Quindi ci possiamo impostare l’intera serata di riprese che ci accingiamo ad iniziare, dal light al dark e terminando con i flat.
Un bel tasto play è quello da premere per far partire la nostra sequenza. Cliccando avremo fatto così partire la nostra sessione, mentre nei vari riquadri del pannello modo di vedere il tempo residuo di ogni scatto e la barra di avanzamento della sequenza. Lo stato del lavoro viene visualizzato anche tramite i messaggi, che sono la storia di tutto quanto abbiamo fatto fino a questo punto
Una volta terminato il primo scatto lo andiamo a vedere con Rawtherapee, che avremo scaricato durante il giorno. Non è vero. Lo abbiamo scaricato, installato ed usato mentre il nostro Astroberry stava continuando a scattare. Anche se non abbiamo ancora visto il risultato, lasciamo continuare la sessione per il motivo spiegato prima, ossia quello di risparmiare tempo, incrociando le dita e sperando che il primo scatto sia andato bene, evitandoci così di cestinarlo e ricominciare tutto da capo. L’installazione di rawtherapee è semplicissima: è sufficiente aprire una shell di terminale e digitare: sudo apt install rawtherapee. Una volta digitata la password di amministratore è sufficiente seguire le istruzioni che il terminale ci mostra durante l’installazione.
E qui ci ricolleghiamo al discorso che avevamo lasciato, ossia quello degli istogrammi. Sempre decisi a prendere il toro per le corna, andiamo a vedere gli istogrammi ottenuti nello scatto
La fortuna non sempre, bensì ogni tanto mette lo zampino e realizziamo che l’istogramma della prima foto scattata è perfetto. Per cui decidiamo di mantenere i parametri scelti precedentemente e di andare avanti. Alla fine della sessione di scatti la linea di avanzamento sarà al 100% e la sessione sarà segnalata come completata direttamente dai messaggi di Ekos nell’apposito riquadro. NOTA: finchè terremo aperto Ekos non ci sarà possibile andare a cercare altri oggetti sul planetario Kstars.
Al termine dei lavori poi sarà necessario effettuare lo stacking delle immagini al fine di tirare fuori il nostro lavoro. Astroberry è provvisto di un potentissimo strumento: Astap. Da tradizionalisti quali siamo è difficile staccarci da Deep Sky Stacker, uno dei più potenti tool di stacking per ambiente Windows, ma Astap non è da meno. Mentre vi promettiamo che cercheremo di scrivere un articolo su Astap nel minor tempo possibile, noi speriamo che questi tre articoli siano stati sufficienti a farvi comprendere la bontà e la semplicità del nostro Astroberry.
E, augurando buon primo maggio a tutti, anche stanotte ci congediamo.
In molti aspettavano questo articolo per approfondire un po’ di più ciò che avevamo iniziato qualche giorno fa. Ci sta che possa essere un po’ ripetitivi, ma c’è un valido motivo, ossia facciamo vedere meglio alcune delle operazioni effettuate nella serata in cui abbiamo provato per la prima volta il nostro Astroberry.
Fondamentalmente cos’è Astroberry? Un minicomputer versatile, grande quanto una carta di credito è composto da un single-board computer (Raspberry PI), sul quale si trovano anche diverse porte per collegare le periferiche (USB, HDMI, video, audio, ecc.), oltre all’hardware indispensabile del computer (processore, RAM, ecc.). Su uno slot si collega una carta micro SD, che diventa il disco rigido del computer e sulla quale si trova il sistema operativo. Il sistema operativo consigliato è Raspbian, basato su Debian, ma possono anche essere utilizzate altre distribuzioni di Linux o una versione particolare di Windows.
Si collega alla corrente con un carica batterie micro-USB (ad esempio quello di uno smartphone) e si instaura una connessione a Internet tramite un cavo di rete utilizzando un’interfaccia Ethernet. Tramite una porta USB si possono collegare il mouse, la tastiera, hard disk esterni e molto altro. L’uscita HDMI è l’opzione più semplice per collegare uno schermo al Raspberry Pi.
Il nome del computer è un gioco di parole e viene pronunciato come il termine inglese per torta di lamponi, “raspberry pie”. La prima parte rimanda al nome di un frutto, come da tradizione nelle aziende di informatica, quali Apple, Blackberry o Acorn, mentre “Pi” è l’abbreviazione di “Python interpreter” (interprete Python), visto che Python è il linguaggio di programmazione principale utilizzato dagli sviluppatori nel Raspberry Pi.
Dal 2012 ad oggi il Raspberry si è evoluto alla versione 4 ed il sistema Raspbian è snello e versatile. E soprattutto sempre aggiornato, senza troppi fronzoli. Nel nostro caso, ossia Astroberry, il sistema è interamente dedicato all’Astronomia, mettendo a disposizione potenti tools da abbinare al nostro telescopio.
Abbiamo cominciato la serata collegando la nostra scatolina delle meraviglie via usb all’hub che gestisce tutte le periferiche, dalla montatura alla fotocamera. Il tablet che si vede in foto è utilizzato come monitor touch via VNC. Ricordiamo che Astroberry si può collegare a qualsiasi rete wireless e bluetooth, ma ha anche il proprio network quindi, in caso di mancanza di collegamento internet, tipo quando usciamo in alta montagna per andare a fare foto, ci si può collegare direttamente. Nota bene, Astroberry nasce SENZA monitor, per cui per visualizzare è necessario un monitor esterno oppure un collegamento tramite tablet, pc, smartphone o qualsiasi oggetto in grado di far girare VNC Viewer.
Tutto il sistema è pronto per cominciare il lavoro. Cominciamo a vedere i primi lati positivi di Astroberry grazie alla configurazione dell’utente. Come spiegato in precedenza, il sistema usa le librerie INDI per far funzionare tutte le periferiche (compatibili, naturalmente). Nella configurazione dell’utente è possibile specificare tutta l’attrezzatura in nostro possesso, di modo che all’accensione di Ekos, il programma tuttofare che si trova all’interno di Kstars, il planetario incluso in Astroberry, tutti i drivers vengano automaticamente avviati senza doverli chiamare singolarmente. Con un semplice clic, in definitiva, siamo pronti per partire.
Il primo step ovviamente è quello della messa a fuoco. La nostra fortuna è quella di essere in possesso di un ottimo focheggiatore elettronico, il Seletek Armadillo prodotto dalla spagnola Lunatiko Astronomia.
Su Ekos andiamo ad aprire la sezione auto focus contrassegnata dalla lente di ingrandimento e selezioniamo i parametri necessari: zero passi inclusi fra un massimo e un minimo di 50000, sul nostro RC8 il fuoco si trova più o meno sulla metà, circa 1,5 cm dalla battuta. Impostiamo il tempo dello scatto, dando per scontato che abbiamo già effettuato il setup della nostra fotocamera o ccd, impostiamo gli iso e clicchiamo su “autofocus”
Il sistema effettuerà un primo scatto, mostrandoci il fotogramma completo della porzione di cielo ripresa. Avendo messo la spunta su “seleziona automaticamente una stella” il sistema effettuerà la scelta della stella da focalizzare effettuando poi una serie di scatti, muovendo di tot passi intrafocali e extrafocali al fine di selezionare il miglior HFR (High Frame Rate) dandoci un autofocus rapido e preciso e rendendo obsolete le maschere di Bathinov e di Hartmann.
Una volta effettuata la serie di scatti necessaria, il focheggiatore si posizionerà allo scatto dove avrà rilevato l’HFR migliore
Dopo questa prima necessaria operazione si rende necessario sincronizzare la nostra montatura con il planetario Kstar, e quale mezzo migliore per farlo se non il tool di plate solving incluso in Ekos? Già anticipato in un articolo precedente, ma facciamo un piccolo approfondimento: in precedenza, avendo a disposizione una connessione internet, la foto scattata è stata automaticamente inviata al sito astrometry.net al fine di essere risolta e ricevere in cambio le coordinate reali alle quali è puntato il nostro telescopio; in assenza di connessione, però, l’unico metodo per effettuare il plate solving è quello offline, per cui bisognerà avere scaricato ed installato tutte le astrometrie necessarie per l’attrezzatura in nostra dotazione. Servirà quindi aver ben specificato il tipo di ottica usata, con relativi diametri e lunghezze focali, le dimensioni effettive del sensore e la grandezza del singolo pixel espressa in micron. Questa operazione ci permette di scaricare le sole astrometrie necessarie alla soluzione con la nostra attrezzatura. Oppure, per tagliare la testa al toro, se abbiamo più strumenti è sufficiente avere un po’ piu’ di tempo e scaricarsi una buona dozzina di gigabytes di astrometrie. Purtroppo il sistema non è in grado di installare le astrometrie in maniera autonoma, non scarica files di grandi dimensioni. Per cui bisogna andare sul sito INDI, scaricare le astrometrie e seguire le istruzioni di installazione: https://indilib.org/about/ekos/alignment-module.html
Apriamo quindi il modulo plate solver su Ekos contrassegnato dal bersaglio
Andiamo quindi ad impostare il tempo di scatto su 30 secondi, la sensibilità su 1600 iso e andiamo a cliccare sull’azione che vogliamo effettuare una volta terminato il plate solving con successo: sincronizzare il planetario con la nostra montatura alla posizione rilevata oppure puntare l’oggetto scelto dopo avere risolto. Si, perchè possiamo scegliere il nostro soggetto (vedi M51 sulla foto sopra), muovere la montatura alle coordinate dell’oggetto e poi effettuare il solving, spostandosi automaticamente sulle coordinate precise dell’oggetto una volta terminato. Personalmente ci piace limitarci a sincronizzare, perchè vogliamo vedere di quanto il nostro allineamento iniziale, effettuato all’accensione del sistema Synscan, è stato preciso. Con questo sistema non è necessario effettuare l’allineamento iniziale del telescopio. Dando per scontato che le coordinate dell’osservatore siano corrette, un piccolo margine di errore ci sarà sempre. Si può quindi effettuare l’allineamento polare, l’allineamento ad una stella dopodichè effettuare il plate solving per avere la massima precisione nel puntamento. NOTA BENE: l’allineamento si può evitare solo con determinati tipi di montatura e di goto, come nel nostro caso, una Skywatcher abbinata ad un goto Synscan di generazione precedente, aggiornato al firmware 3.39. Con altre montature invece compare il messaggio di effettuare l’allineamento iniziale, pena lo sciopero ad oltranza.
Il nostro allineamento iniziale è stato sufficientemente generoso. Una volta aver selezionato l’azione desiderata, nel nostro caso SYNC e cliccato su “cattura e risolvi”, il plate solver scatta la foto come impostato e naturalmente l’astrometria in locale permette un’azione rapidissima del solver e in pochi secondi l’immagine viene risolta ed il planetario viene sincronizzato con la montatura. Il risultato in verde ci conferma l’errore minimo del nostro puntamento iniziale.
A questo punto chiudiamo Ekos per tornare su Kstar e vedere le due posizioni: quella presunta e quella effettiva. Il riquadro in giallo rappresenta la posizione presunta e l’orientamento del nostro sensore, mentre quello in bianco rappresenta la posizione trovata grazie al risolutore. Possiamo quindi scegliere due opzioni: la prima è quella di aprire il menù contestuale sull’oggetto ed effettuare un goto sull’oggetto oppure possiamo ridurre il rateo dei motori ed usare la nostra pulsantiera per centrare l’oggetto. Questa soluzione è possibile perchè i driver INDI non inibiscono la pulsantiera del nostro goto, a differenza di altri driver comunemente usati su altri sistemi operativi.
A questo punto, effettuata la messa a fuoco e sincronizzato la montatura con il planetario, è possibile cominciare a fare le nostre sessioni fotografiche. Disponendo di una camera di guida stand alone quale la Lacerta MGEN2 effettuiamo la calibrazione della stella guida.
Con una calibrazione praticamente perfetta, avendo un’ortogonalità del 99% siamo sicuri di poter fare delle lunghe esposizioni senza la paura di avere stelle ovali nel fotogramma. E per chi non ha una camera di guida stand alone? Niente paura, la nostra scatoletta miracolosa Astroberry dispone di un altro ben noto tool gratuito, il blasonatissimo PHD2 Guiding. Puntiglioso quanto prezioso, perchè noioso nella messa a punto, una volta ben configurato si rivela un ottimo tool di autoguida a costo zero, abbinabile a piccole camere di guida quali QHY5 e similari. Ma non approfondiremo il discorso guida oltre questo punto.
E’ adesso il momento di cominciare a vedere se le cose fatte fin’ora sono state fatte bene…. questo approfondimento lo faremo però in un prossimo articolo.
Ci teniamo a far notare che le operazioni sopra descritte, a cominciare dal collegamento di tutte le periferiche ad Astroberry, all’accensione di tutto quanto, all’auto focus e per concludere al plate solving abbiamo impiegato meno di 10 minuti, ottenendo fuoco e posizione perfetti, evitando di perdere il fuoco, ad esempio, quando andiamo a stringere il blocco del focheggiatore.
Speriamo quindi di avervi incuriosito maggiormente sulla bontà del nostro oggetto, dal costo pari ad un decimo di un buon notebook ma con una potenzialità incredibile dettata dalla gestione delle risorse caratteristica dei sistemi su base Debian.
Buona Pasqua a tutti, cari Astrofili affezionati del nostro blog. Dopo una decina di giorni di prove ho deciso di mettere giù qualche riga riguardo ai giocattoli nuovi entrati prepotentemente a far parte di AstroVersili, i Raspberry. Al raggruppamento del CAAT dello scorso 8 dicembre Paolo Bacci ventilò l’idea di una AllSky camera, e lì cominciò a frullarmi in testa questa cosa. Finchè non trovo in rete, sul sito GitHub un articolo di Thomas Jaquin su come costruire una AllSky camera con un Raspberry PI. Gli interessati possono naturalmente andare a vedere qui, è spiegato bene e se pur il raspberry non sia cosa da principianti in informatica, si trova tutto il tutorial rendendo la vita più facile anche ai meno smanettoni: https://github.com/thomasjacquin/allsky
La camera in questione è una ZWO ASI034MC, presa d’occasione. Piccola camera planetaria, ormai superata, sacrificabile per il progetto. Lo stesso propone una ZWO ASI120, però noi abbiamo trovato questa e l’abbiamo messa in casa. L’obiettivo è stato donato da una telecamera di videosorveglianza rotta ormai passata nello scatolone riportante la scritta “Cose che potrebbero servire”. Meno male che ce n’erano due, il primo obiettivo era più spinto, il secondo più aperto. L’adattatore M42 ordinato su Aliexpress e mai arrivato a causa delle poste che hanno ridotto ormai il servizio a causa dell’emergenza sanitaria del momento è stato genialmente autocostruito con la stampante 3D del gruppo. E finalmente dopo qualche giorno, stanotte una delle tante sorprese:
Il raspberry si comporta egregiamente, per ovviare alle alte temperature abbiamo dotato il contenitore di una grossa ventola traente. Seguiranno naturalmente ancora prove prima di effettuare la condivisione delle immagini sul nostro sito. Il progetto comunque permette di produrre immagini, time lapse, startrail, e keogram.
Non paghi della versatilità di cotanto apparecchio, arriva il messaggio di Simone che sventola in pompa magna la parola “Astroberry”. Lì per lì ho sottovalutato la cosa, pensando fra me e me che tanto avevo già il computer e che non me ne sarebbe certamente servito un altro visto che tanto uno ce l’avevo già. Però con Simone che pungola da una parte e dall’altra la curiosità di vedere come funzionava hanno fatto breccia e mi hanno costretto a sfare l’altro progetto che stavo facendo con il raspberry, ossia un lettore multimediale, e provare ad installare Astroberry al posto di Raspbian.
Il sistema operativo si presenta già con IP statico, Samba e come planetario usa KSTAR. Non è eccezionale dal punto di vista grafico, però svolge bene la sua funzione. Collego la Canon alla porta usb e do il via a EKOS, il programma per astrofoto dedicato di Kstar. Lì per lì non ne vuole sapere, ma il buon toscano ha la sua arma segreta, che ora non posso svelare causa blasfemia. E miracolosamente comincia a funzionare. Kstars prima di funzionare, come tutti i programmi seri, deve essere configurato sennò non ti permette di fare nulla. Con calma e pazienza, non conoscendolo, perdo un pomeriggio sano per configurarlo (cosa che poi si è rivelata semplicissima, un lavoro da 10 minuti).
Decido quindi di provare a collegare la montatura ad Astroberry tramite il Synscan provo di tutto e di più ma niente, non si muove. Per poter essere interfacciata al computer con driver Ascom e sistema operativo windows, il Synscan deve essere impostato su PC direct mode, per cui opto per la stessa modalità, ma niente, non vuole funzionare. Non so perchè ma decido di uscire dalla modalità pc di Synscan e tantomeno so il motivo per il quale clicco sullo spostamento a nord del comando di Kstars….Eppur si muove!
Capito il giochino, non rimane ancora che provare il tutto. La sera stessa collego tutte le periferiche, montatura, fotocamera e focheggiatore Armadillo ad un hub usb utilizzando solamente una delle porte usb-3 di Astroberry, dal menù strumenti > gestione periferiche di Kstar configuro senza problemi sia la montatura, una Skywatcher EQ6, che l’Armadillo. Effettuato il classico allineamento a tre stelle – perchè comunque una delle particolarità di Kstar è quella di lasciare disponibile il tastierino del Synscan, a differenza di EQmod, che funziona solo se è attivata la PC direct mode sul Syscan inibendo il tastierino, una volta acceso il demone su Kstar, premendo il tasto destro sul planetario > synscan > find scope il planetario si posiziona sulle coordinate del telescopio, che vengono lette da Kstar ma permettendo le correzioni del caso per poi poter sincronizzare il tutto sempre con il tasto destro > synscan > sync.
Per dirigere il telescopio sull’oggetto prescelto, ad es. M42, ci sono più possibilità. Durante la configurazione di Kstar è possibile scaricare tutti gli aggiornamenti del profondo cielo (DSO), comete, stelle, asteroidi, pianeti ecc., dopodichè possiamo seguire diverse strade: A) spostarsi nel planetario selezionando l’oggetto, tasto destro del mouse > synscan > goto; B) digitare il nome dell’oggetto nel campo di ricerca e da lì puntare l’oggetto; C) la parte più divertente, dove, in base alla magnitudine dell’oggetto variabile a piacimento, si può vedere gli oggetti del momento: menu strumenti > dati > che si vede stanotte.
Nella finestra relativa a “che si vede stanotte” è possibile scegliere e puntare gli oggetti in base a data, luogo, periodo del giorno e magnitudine. E naturalmente dalla tipologia di oggetto.
Avendo impostato una magnitudine 15 ed avere selezionato comete, se il database è stato ben configurato verranno fuori le comete visibili alle nostre coordinate, con una magnitudine fino ad un massimo di 15 e nel periodo serale.
E’ sufficiente quindi cliccare su centra oggetto per visualizzarlo sul planetario e poi usare la funzione GOTO del demone del telescopio per puntare l’oggetto. Semplice, no? Ma le sorprese non finiscono perchè, anche se non è APT, l’ormai blasonato programma che gira esclusivamente in ambiente windows, Ekos, il potente tool fotografico di Kstar, fa il lavoro sporco. Si accolla il peso di tutte le sessioni fotografiche. Queste sono programmabili con estrema facilità, perchè quando il programma conosce le nostre ottiche e la nostra attrezzatura di ripresa, siamo già a metà dell’opera. E siccome glielo avete impostato in precedenza, non dovreste avere alcun problema nel farlo funzionare. Eventualmente seguirà un piccolo articolo sull’utilizzo di Ekos.
Passiamo però al punto di forza di Astroberry: avendo la possibilità di avere il proprio wifi per potersi collegare in remoto con altri dispositivi tipo tablet o cellulari (naturalmente non delle vecchie ciofeche, ma dei dispositivi piuttosto buoni). Personalmente ho fatto le prove con un Ipad air 2 e con uno Huawei P9 plus. Sono strumenti un po’ datati però perfettamente funzionanti. Però ricordiamoci: non si può pretendere di interagire con Astroberry con un Nokia 3310, se pur glorioso telefono….no, non è proprio adatto. Vediamo quindi come si presenta Ekos sul monitor dello Huawei in collegamento tramite VNC:
Il risultato è evidente…
Così come APT, nella versione a pagamento, ha la possibilità di effettuare il plate solving interfacciandosi con All Sky Plate Solver, fantastico programma scritto da Giovanni Benintende, che in base alle ottiche permette di scaricare tutte le astrometrie adeguate alle nostre ottiche, oppure con platesolver 2, altro programma che svolge la stessa funzione, questa opzione viene attivata solo ed esclusivamente se il programma è registrato. 19 euro li vale tutti, per l’amor del cielo, così come il rinnovo annuale che ne costa solo 6, però se un programma è gratis e funziona bene, perchè non provare ad utilizzarlo? Ekos cosa fa: la funzione plate solving permette di scattare un’immagine, trasmetterla direttamente ad astrometry.net per ricevere la posizione esatta del nostro telescopio rispetto alla posizione sul planetario. Una volta ricevuta la corretta posizione, Ekos ci permette di sincronizzare la montatura ed il planetario sulla posizione attuale oppure di centrare l’oggetto che avevamo scelto. Personalmente preferisco sincronizzare e poi ricentrare l’oggetto.
L’immagine sopra mostra l’effettiva posizione del telescopio dopo aver effettuato il plate solving ed avere effettuato la sincronizzazione della montatura con il planetario Kstar. Particolarità di questo plate solver è indicare l’errore che c’era prima della sincronizzazione.
Non rimane altro che ricentrare il telescopio sul nostro soggetto, fare un paio di pose per vedere se lo abbiamo nel mezzo del fotogramma, dopodichè cominciare la nostra sessione fotografica.
Ulteriore particolarità del plate solving di Ekos è quella di mostrare l’orientamento del fotogramma dopo aver ricentrato il soggetto, di mostrare dove si trova il telescopio e quindi darci la possibilità di cominciare l’inseguimento. Per guidare, Astroberry include già il ben noto programma gratuito PHD Guiding, che si interfaccia alla perfezione con Kstar. Non mi dilungo ulteriormente su questo argomento per oggi, ma concludo dicendo che la gestione dispositivi di Kstars permette di controllare tantissime periferiche, delle marche più o meno note. Il costo è accessibile da tutti, perchè un Raspberry PI4 con 4 giga di ram completo di tutto, scafandro, ventola, radiatori, ed una schedina micro SD da 64 gigabytes costa all’incirca un centinaio di euro. Un potente tool per il nostro osservatorio a costo praticamente irrisorio.
In questa seconda serata di corso è la volta di Giovanni Paoli che, con la sua lezione dal titolo “guardiamo il cielo”, ha appena iniziato a parlarci della volta celeste.
La sala è gremita di persone, le parole di Giovanni scorrono fluenti fra il pubblico, l’attenzione c’è e, mentre aggiorniamo il sito in tempo reale, anche noi ci gustiamo questa lezione.
Naturalmente ricordiamo che venerdì prossimo si terrà la lezione sui telescopi, il corso sta diventando ancora più interessante….
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