Trio di nebulose IC 405 – IC 410 – IC 417

Il grande campo che ho ripreso nelle notti del 07-08-17-18 di Novembre scorso, per un totale di quasi 11 ore di esposizione, mostra 3 nebulose ad emissione situate nella costellazione invernale dell’Auriga: IC 405, IC 410 e IC 417. La prima (detta Flaming Star, sulla destra del campo inquadrato) dista circa 1600 anni luce da noi e si trova nei pressi della stella AE Aurigae; la seconda (IC 410 – Nebulosa “Girino”, nel centro/sinistra del campo inquadrato) distante circa 20.000 anni luce si trova nei pressi di un ammasso aperto di stelle di recente formazione (NGC 1893) e mostra al suo interno un isieme di filamenti che nella loro forma sembrano appunto dei girini; la terza ed ultima nebulosa, IC 417 (Nebulosa Ragno, in alto sulla sinistra del campo inquadrato) che dista circa 7.500 anni luce e che si trova in una zona ricca di processi di formazione stellare.

Le due immagini che propongo sono delle composizioni in banda stretta: HA, (idrogeno), OIII (ossigeno), SII (zolfo), la prima elaborata con la tecnica “Hubble Palette” (utilizzata appunto dal telescopio Hubble) dove vengono attribuiti dei falsi colori ad ogni gas presente in ogni nebulosa al fine di esaltarne le strutture e i dettagli:

IC405410417-HP

Immagine 1 di 1

La seconda invece è il frutto di una combinazione di colori classica derivante da un’equazione consigliatami dal socio e collega astroimager Leonardo Landi:

IC405410417-RGB

Immagine 1 di 1

Avevo messo ai voti le due immagini sul gruppo e aveva stravinto la versione in “Hubble Palette”, ma io trovo molto romantica la seconda versione (più classica). Entrambe le immagini sono frutto della tecnica delle “Tone Maps” create sui singoli canali ripresi.

Dettagli di acquisizione/elaborazione:

  • Takahashi FS 60CB ridotto a 264 mm;
  • Moravian G2-8300l + filtri Astronomik Ha, OIII, SII – (12 nm);
  • Guida con SX Lodestar x1 su Primaluce Lab 60mm CompactGuide;
  • Pose: 24x600s Ha – 43x300s OIII – 20x600s SII;
  • Acquisizione e gestione delle sessioni: Starkeeper Voyager;
  • Elaborazione immagini: Pixinsight.

L’ammasso Albero di Natale, la nebulosa Cono e la nebulosa Pelliccia di Volpe – NGC 2264

Il complesso dell’Albero di Natale nella costellazione dell’Unicorno è a mio avviso uno degli oggetti più belli del cielo invernale. Si tratta di una vasta area Ha che fa parte del complesso di Barnard 33, e rispetto a esso è collocato immediatamente a ovest, nei pressi della famosa Nebulosa Rosetta. Al pari della nebulosa Velo, è uno dei bersagli che ho sempre sognato di fotografare, anche se a differenza di quest’ultima, l’Albero di Natale mi transita in una zona del cielo che mi ha fatto prendere in seria considerazione l’ipotesi di attaccarmi alla motosega e tirare giù una magnolia di una decina di metri che ho in giardino.

Problematiche di acquisizione a parte, questa nebulosa è risultata particolarmente gratificante da fotografare, in quanto presenta tutta una serie di formazioni nebulari differenti quanto a conformazione e scala dei dettagli, come si vede bene dalla luminanza dell’immagine qui sotto.

Per l’elaborazione, come faccio spesso sulle nebulose, mi sono affidato alla tecnica delle tone maps, originariamente inventata dall’astrofotografo finlandese J.P. Metsavainio.

Si parte dalla creazione delle tre tone maps per i canali Ha, OIII e SII. Il primo passo è rimuovere le stelle, quindi si applica una fortissima riduzione del rumore dal momento che i dettagli saranno contenuti nella luminanza che inseriremo alla fine e quindi le tone maps ci servono solo per “colorare” l’immagine finale.

Le tone maps vanno quindi rese non lineari, e qui casca l’asino perchè il canale più debole sarà inevitabilmente rumoroso e quindi ecco il motivo della riduzione del rumore potente potente che abbiamo applicato prima.

Il risultato ottenuto per i singoli canali delle tone maps è questo

A questo punto siamo pronti per creare la nostra bella crominanza: PixInsight mette a disposizione diversi strumenti per questo, ma io mi affido a pixelmath che mi consente di gestire il “peso” dei vari canali tramite una serie di fattori moltiplicativi che posso modificare a piacimento.

In questo caso, i colori che avevo in mente erano un azzurro ghiaccio nelle zone OIII, il giallo nelle zone SII e il rosso natalizio in tutto il resto dell’immagine, inondata di Ha.

Ovviamente come sempre poi le intenzioni si scontrano con la realtà, e quindi un “blend” matematico dei canali così come babbo li aveva fatti, portava a un’immagine praticamente tutta rossa, a causa della potenza del segnale Ha.

Girando in internet mi sono però imbattuto in una interessante espressione di PixelMath, che rende di fatto “dinamico” il blending. In pratica, partendo dal presupposto che ogni canale dell’immagine RGB finale sarà composto da un po’ di Ha, SII e OIII, si parte dall’immagine più debole e si usa per riscalare le altre in proporzione. In questo caso, ad esempio per il canale G, sarebbe come dire “Dove l’OIII è forte, metti l’OIII e riscala l’Ha, dove l’Ha è forte metti l’Ha e un po’ di SII).

Probabilmente la faccenda è più facile da vedere a schermo che da immaginare, quindi vi lascio il link al sito di chi ha inventato questo sistema che a me piace tantissimo.

The Coldest Night – Dynamic Blending in PixInsight

L’ultimo passo prima di passare ai ritocchi “cosmetici” è stato quello di aggiungere la luminanza, a cui per la verità ho fatto molto poco se non esaltare un pochino i contrasti e applicare uno stretch non lineare.

Come accade sempre però con le immagini in banda stretta, il risultato ottenuto dal blending è ben lontano dal risultato finale che vogliamo ottenere: quindi, con una serie di ritocchi di saturazione, contrasto e HUE shift, ho cercato di arrivare alla colorazione che avevo in mente.

Ultimamente vanno di moda le immagini di nebulose senza stelle, ma questo è un albero di Natale e le palline ci vogliono: quindi ho raccolto un po’ di dati in RGB per ottenere il colore più naturale possibile delle stelle. La cosa richiede veramente poco tempo, e lo farò per ogni futura immagine a banda stretta. Di fatti, ho ripreso solo circa 5 min per canale RGB. Dopo la combinazione dei tre canali, ho immediatamente stretchato l’immagine e estratto le stelle con Starnet, senza curarmi di rimuovere i gradienti o ridurre il rumore.

Per reinserire le stelle, ho usato due maschere, una per quelle di dimensioni maggiori (che ho usato anche per saturarle e renderle belle colorate) e una per quelle piccole. In questo modo ho potuto controllare esattamente quante stelle reinserire, e di che dimensione. In pratica, per non avere stelle ovunque che rubano la scena alla nebulosa, invece che erodere le stelle più piccole direttamente dall’immagine mi sono limitato a escluderle dalla maschera, così da non reinserirle.

Come ultimo tocco, una cornice grigia che esalta i colori di questa meravigliosa nebulose e la stacca dalle tinte piatte del desktop. Spero vi piaccia, credo che sia la singola immagine con cui mi sono divertito di più in assoluto. I dati erano di ottima qualità e la nuova ASI 1600MM si è dimostrata una bomba anche in banda stretta.

Dettagli di acquisizione:

ASI 1600MM su Astroprofesisonal 80/448, filtri Optolong Ha (7nm), OIII (6.5 nm), SII (6.5 nm) da 31 mm

Pose:

61X360s Ha

101X360s OIII

33X480s SII

Acquisizione con NINA, Postprocessing con PixInsight.

Le Pleiadi – M45 – dal cielo di Forte dei Marmi

L’ammasso aperto delle Pleiadi è probabilmente l’unico oggetto del profondo cielo facilmente visibile ad occhio nudo. Da un cielo suburbano inquinato come quello di casa mia (Bortle 6), nelle nottate senza Luna è possibile riuscire a risolvere dalle 4 alle 6 stelle. Quello che però nessun cielo può farci vedere ad occhio nudo sono le magnifiche nebulose a riflessione che circondano le “sette sorelle”, e le ancor più magnifiche nebulose oscure che velano l’intera costellazione del Toro.

L’ammasso delle Pleiadi è composto da circa 1000 membri, per la maggior parte stelle giovani e molto calde da poco entrate nella sequenza principale e attorno alle quali si suppone che siano in formazione diversi sistemi planetari. Attualmente l’ammasso delle Pleiadi sta transitando all’interno di una zona densa di mezzo interstellare: quest’ultimo, illuminato dalla luce delle stelle che compongono l’ammasso, crea i meravigliosi veli che costituiscono la nebulosità a riflessione.

Riprendere un oggetto come questo da un cielo cittadino è un po’ un atto di masochismo. L’inquinamento luminoso e i gradienti da esso causati rendono quasi impossibile catturare le nebulose oscure, mentre per definire le nebulose a riflessione sono necessarie ore e ore di integrazione. Un risultato come quello in foto, da un cielo buio è ottenibile con una-due ore di esposizione, mentre a me sono servite due notti! Però si sa, se fosse facile non sarebbe divertente. E così approfittando della Luna nuova di Novembre ho dedicato poco più di 10 ore all’acquisizione di dati LRGB attraverso filtri Optolong da 31mm non montati. Come camera di ripresa ho usato la ASI 1600 MM che ho da poco acquistato. Per ottimizzare il tempo di buio ho usato un pattern di ripresa LL->LLRRGGBB–>. In pratica ho suddiviso l’esposizione in “loop” e per ognuno ho ripreso 4 immagini di luminanza da 100s e 2 immagini per ogni filtro RGB da 120s. Per venire a capo del rumore fisso della ASI, per ogni ciclo eseguivo due dither così da non aver mai più di due pose identiche. L’intera fase di ripresa è stata gestita dal favoloso programma N.I.N.A.

Per il postprocessing ho usato esclusivamente PixInsight. Dopo aver calibrato le immagini con rispettivi dark e flats, ho estratto i gradienti (ebbene si, anche un po’ di nebulose oscure, ma di quello me ne sono accorto tardi) e quindi ho composto la crominanza combinando i tre filtri R,G e B. Per la luminanza ho applicato una buona deconvoluzione (merito delle pose corte che hanno restituito stelle puntiformi senza problemi di guida). A quel punto sono passato allo stretch e alla combinazione LRGB. Come ultime correzioni, un po’ di riduzione del rumore (che per la verità era poco, a causa del raffreddamento della camera e dei molti frames combinati) e ho saturato a piacere. A questo punto sono emerse le nebulose oscure! Ho cercato di salvare il salvabile, ma un po’ di queste se ne erano andate assieme ai gradienti. Pazienza…rielaborerò i dati in un prossimo futuro.

Dettagli di acquisizione: Astroprofessional 80ED e ASI 1600MM-P. Filtri Optolong 31mm LRGB.

RGB: 56 X 120s per ogni filtro

LUM: 183 X 100s.

Cieli sereni

Leonardo

Il Parco delle Stelle

ripreso dal sito dell’oasi Lipu Massaciuccoli

Lunedì 10, Martedì 11 Agosto: IL PARCO DELLE STELLE

Notte di S.Lorenzo immersi nella romantica atmosfera del Lago di notte, cullati dalle onde e intenti a scrutare il cielo in attesa della stella del desiderio… Visite guidate nella riserva e all’area archeologica Massaciuccoli Romana, degustazione di pietanze preparate con i prodotti del Parco, musica dal vivo ed escursione notturna in battello sul lago con osservazione guidata della volta celeste.

Dalle 18.00 in poi, prenotazione obbligatoria. Per prenotazioni chiamare lo 0584 975567.

Noi saremo presenti con i nostri telescopi il 10 e l’11 agosto, come di consueto ogni anno, e vi faremo vedere il cielo e gli astri in tutta sicurezza, rispettando i protocolli del decreto attualmente in vigore.

Mi raccomando, prenotate sennò non trovate posto.

Ci vediamo a Massaciuccoli

Giocando con nebulose, filtri e colori

L’estate è la stagione delle grandi nebulose ad emissione, e proprio queste ultime si prestano bene ad essere “immortalate” in banda stretta con vari filtri che “selezionano” le emissioni dei vari elementi presenti al loro interno. Le immagini così raccolte possono essere elaborate con colori alternativi, le cosiddette “palette”.

Lo spettro dei più comuni filtri narrowband, comparato allo spettro RGB

La più famosa fra le palette “narrowband” è senza dubbio la Hubble Palette, nota anche come SHO. Quest’ultima nomenclatura ci consente di capire un po’ di più come funziona: in pratica, le emissioni dello zolfo ionizzato (SII) vengono associate al canale rosso dell’immagine finale, le emissioni dell’idrogeno alfa (Ha) al canale verde e le emissioni dell’ossigeno due volte ionizzato (OIII) al canale blu. Ovviamente, per questo tipo di riprese è necessario munirsi di una camera monocromatica e dei relativi filtri, meglio se installati all’interno di una ruota portafiltri automatica che consente di cambiarli in pochi istanti.

upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/...
La celeberrima immagine dei Pilastri della Creazione ripresi dal telescopio spaziale Hubble in SHO

Per chi invece possiede camere a colori, sia reflex (DSLR) sia CMOS raffreddate, sono disponibili alcuni filtri multi-banda passante, che consentono di riprendere in un sol colpo diverse linee di emissione delle nebulose a emissione. Il più celebre (e costoso) fra questi filtri è senza dubbio il Triad Ultra 4-bandpass, che costa quanto un buon quadrupletto da 80mm. A prezzi più abbordabili però c’è una valida alternativa: il filtro Optolong L-eNhance. Questo filtro, fra l’altro, ha la particolarità di lasciar passare assieme le emissioni dell’OIII e dell Hbeta. Ciò si traduce in un segnale blu molto forte anche se non proprio fedelissimo alla realtà, in quanto le due emissioni di “mescolano” facendo perdere un po’ di rigore scientifico alle nostre immagini.

La curva spettrale del filtro L-eNhance: si osserva come assieme all’OIII passi anche l’ Hb, rafforzando il segnale blu raccolto.

Come risulta evidente, il filtro non lascia passare l’SII: in effetti, nessuna camera a colori potrebbe separarlo dall’Ha, in quanto entrambe le linee ricadono sui pixel rossi della matrice di Bayer. Pertanto una elaborazione fedele in HSO non risulta possibile con questo filtro.

Dato il grande impatto visivo delle immagini elaborate con la Hubble Palette, qualcuno ha comunque deciso di provarci, e creare un procedimento per ottenere un risultato molto simile anche non disponendo del canale SII. Il risultato non è particolarmente rigoroso dal punto di vista scientifico, ma senz’altro è molto appagante.

Si parte da una immagine RGB ottenuta attraverso il filtro L-eNhance. L’integrazione dovrà essere sufficientemente lunga, perchè alcune “parti” dell’immagine andranno stretchate pesantemente come vedremo più avanti.

Il Muro del Cigno nella nebulosa Nord America ripreso attraverso il filtro L-eNhance: 3,2 ore di integrazione con camera ASI 183 MC-Pro e Astroprofessional 80ED.

Dovremo quindi suddividere l’immagine di partenza nei tre canali R, G e B. Per comodità, il canale R lo chiameremo SII, il canale G lo chiameremo Ha ed il canale blu lo chiameremo OIII.

I canali credo sia meglio elaborarli separatamente, seguendo il solito procedimento delle immagini a colori: la rimozione di eventuali gradienti, un bell’intervento di riduzione del rumore, magari un po’ di deconvoluzione per ovviare ai problemi del nostro treno ottico e del seeing, e così via. Alla fine siamo pronti per fondere le nostre immagini monocromatiche in un’immagine a colori. Fondamentale a questo punto è stretchare le immagini in modo da evidenziare le colorazioni che risulterebbero molto tenui, in particolare il blu. Pertanto il canale OIII, che assoceremo al blu, dovrà essere stretchato maggiormente rispetto al canale SII, che assoceremo al rosso. E’ importantissimo però non esagerare: la maggior parte delle nebulose infatti ha tenui emissioni di OIII molto circoscritte, e quindi questo canale sarà significativamente più rumoroso dell’SII (ecco perchè servono integrazioni abbastanza lunghe come dicevo all’inizio). Questa rumorosità verrà a galla se si stirano troppo le curve, e l’immagine finale ne risentirà.

La fase degli stretch: a suon di tentativi dobbiamo tiare fuori i colori che vogliamo.

Utilissimo, in questa fase, il tool aggiuntivo StarNet++, che permette di eliminare completamente le stelle dalle immagini non lineari così da non doverci preoccupare di aloni o zone sature.

L’immagine senza stelle permette di non preoccuparsi degli aloni durante la fase di stretch delle curve. Le stelle potranno essere reinserite nelle fasi finali.

Per “sommare” i tre canali possiamo usare il tool PixelMath. Le equazioni che inseriremo saranno: R=SII; G=0.8*Ha+0.2*SII, B=OIII.

Dovremo fare diverse prove prima di ottenere un risultato bilanciato, magari utilizzando varie maschere per modificare parti specifiche dei vari canali.

Varie combinazioni: alla fine “ne rimarrà soltanto uno” come diceva quello.

Alla fine otterremo la nostra immagine in falsi colori. Bene ma non benissimo, infatti dovremo ancora correggerli un po’ a seconda del nostro gusto personale. Per questo Pixinsight ha varie possibilità, ma a mio avviso è molto più semplice farlo con Photoshop utilizzando lo strumento di correzione colore selettiva, e magari ritoccare anche luminosità e contrasto.

Come ultimo passaggio potremo reinserire le nostre stelle (se le abbiamo rimosse) utilizzando ancora Pixelmath: semplicemente dovremo scrivere il nome della nostra immagine senza stelle, il segno +, e il nome dell’immagine contenente solo le stelle. Es: “Immgine_finale+stelle_RGB”.

Il risultato è di grande impatto, non c’è che dire. Soprattutto se paragonato all’immagine di partenza, che in confronto sembra assai slavata e piatta.

La Nebulosa dell’Aquila (M16) in SHO – comparazione con l’immagine di partenza (a destra)
Versione finale del Muro del Cigno nella Nebulosa Nord America (NGC7000)

Se volete vedere le immagini di un maestro in questa tecnica, vi consiglio di visitare il sito AstroAnarchy del finlandese J.P. Metsavainio. Le sue immagini lasciano letteralmente a bocca aperta.