Astroberry, sempre di più!

In molti aspettavano questo articolo per approfondire un po’ di più ciò che avevamo iniziato qualche giorno fa. Ci sta che possa essere un po’ ripetitivi, ma c’è un valido motivo, ossia facciamo vedere meglio alcune delle operazioni effettuate nella serata in cui abbiamo provato per la prima volta il nostro Astroberry.

Fondamentalmente cos’è Astroberry? Un minicomputer versatile, grande quanto una carta di credito è composto da un single-board computer (Raspberry PI), sul quale si trovano anche diverse porte per collegare le periferiche (USB, HDMI, video, audio, ecc.), oltre all’hardware indispensabile del computer (processore, RAM, ecc.). Su uno slot si collega una carta micro SD, che diventa il disco rigido del computer e sulla quale si trova il sistema operativo. Il sistema operativo consigliato è Raspbian, basato su Debian, ma possono anche essere utilizzate altre distribuzioni di Linux o una versione particolare di Windows.

Si collega alla corrente con un carica batterie micro-USB (ad esempio quello di uno smartphone) e si instaura una connessione a Internet tramite un cavo di rete utilizzando un’interfaccia Ethernet. Tramite una porta USB si possono collegare il mouse, la tastiera, hard disk esterni e molto altro. L’uscita HDMI è l’opzione più semplice per collegare uno schermo al Raspberry Pi.

Il nome del computer è un gioco di parole e viene pronunciato come il termine inglese per torta di lamponi, “raspberry pie”. La prima parte rimanda al nome di un frutto, come da tradizione nelle aziende di informatica, quali Apple, Blackberry o Acorn, mentre “Pi” è l’abbreviazione di “Python interpreter” (interprete Python), visto che Python è il linguaggio di programmazione principale utilizzato dagli sviluppatori nel Raspberry Pi.

Dal 2012 ad oggi il Raspberry si è evoluto alla versione 4 ed il sistema Raspbian è snello e versatile. E soprattutto sempre aggiornato, senza troppi fronzoli. Nel nostro caso, ossia Astroberry, il sistema è interamente dedicato all’Astronomia, mettendo a disposizione potenti tools da abbinare al nostro telescopio.

il setup utilizzato per la prova di Astroberry: Canon 1100D modificata Baader al fuoco diretto di GSO RC8, montatura Skywatcher EQ6 Pro con modifiche a cinghia, camera di guida Lacerta MGEN-2 su Skywatcher 70/500 e focheggiatore Seletek 2 Armadillo

Abbiamo cominciato la serata collegando la nostra scatolina delle meraviglie via usb all’hub che gestisce tutte le periferiche, dalla montatura alla fotocamera. Il tablet che si vede in foto è utilizzato come monitor touch via VNC. Ricordiamo che Astroberry si può collegare a qualsiasi rete wireless e bluetooth, ma ha anche il proprio network quindi, in caso di mancanza di collegamento internet, tipo quando usciamo in alta montagna per andare a fare foto, ci si può collegare direttamente. Nota bene, Astroberry nasce SENZA monitor, per cui per visualizzare è necessario un monitor esterno oppure un collegamento tramite tablet, pc, smartphone o qualsiasi oggetto in grado di far girare VNC Viewer.

Tutto il sistema è pronto per cominciare il lavoro. Cominciamo a vedere i primi lati positivi di Astroberry grazie alla configurazione dell’utente. Come spiegato in precedenza, il sistema usa le librerie INDI per far funzionare tutte le periferiche (compatibili, naturalmente). Nella configurazione dell’utente è possibile specificare tutta l’attrezzatura in nostro possesso, di modo che all’accensione di Ekos, il programma tuttofare che si trova all’interno di Kstars, il planetario incluso in Astroberry, tutti i drivers vengano automaticamente avviati senza doverli chiamare singolarmente. Con un semplice clic, in definitiva, siamo pronti per partire.

Il primo step ovviamente è quello della messa a fuoco. La nostra fortuna è quella di essere in possesso di un ottimo focheggiatore elettronico, il Seletek Armadillo prodotto dalla spagnola Lunatiko Astronomia.

il focheggiatore Armadillo
i messaggi di status ready di Ekos: montatura e focheggiatore in linea

Su Ekos andiamo ad aprire la sezione auto focus contrassegnata dalla lente di ingrandimento e selezioniamo i parametri necessari: zero passi inclusi fra un massimo e un minimo di 50000, sul nostro RC8 il fuoco si trova più o meno sulla metà, circa 1,5 cm dalla battuta. Impostiamo il tempo dello scatto, dando per scontato che abbiamo già effettuato il setup della nostra fotocamera o ccd, impostiamo gli iso e clicchiamo su “autofocus”

lo screenshot dell’autofocus al quarto scatto

Il sistema effettuerà un primo scatto, mostrandoci il fotogramma completo della porzione di cielo ripresa. Avendo messo la spunta su “seleziona automaticamente una stella” il sistema effettuerà la scelta della stella da focalizzare effettuando poi una serie di scatti, muovendo di tot passi intrafocali e extrafocali al fine di selezionare il miglior HFR (High Frame Rate) dandoci un autofocus rapido e preciso e rendendo obsolete le maschere di Bathinov e di Hartmann.

Varie HFR rilevate per ogni singolo scatto

Una volta effettuata la serie di scatti necessaria, il focheggiatore si posizionerà allo scatto dove avrà rilevato l’HFR migliore

autofocus completato
il grafico del fuoco appena completato

Dopo questa prima necessaria operazione si rende necessario sincronizzare la nostra montatura con il planetario Kstar, e quale mezzo migliore per farlo se non il tool di plate solving incluso in Ekos? Già anticipato in un articolo precedente, ma facciamo un piccolo approfondimento: in precedenza, avendo a disposizione una connessione internet, la foto scattata è stata automaticamente inviata al sito astrometry.net al fine di essere risolta e ricevere in cambio le coordinate reali alle quali è puntato il nostro telescopio; in assenza di connessione, però, l’unico metodo per effettuare il plate solving è quello offline, per cui bisognerà avere scaricato ed installato tutte le astrometrie necessarie per l’attrezzatura in nostra dotazione. Servirà quindi aver ben specificato il tipo di ottica usata, con relativi diametri e lunghezze focali, le dimensioni effettive del sensore e la grandezza del singolo pixel espressa in micron. Questa operazione ci permette di scaricare le sole astrometrie necessarie alla soluzione con la nostra attrezzatura. Oppure, per tagliare la testa al toro, se abbiamo più strumenti è sufficiente avere un po’ piu’ di tempo e scaricarsi una buona dozzina di gigabytes di astrometrie. Purtroppo il sistema non è in grado di installare le astrometrie in maniera autonoma, non scarica files di grandi dimensioni. Per cui bisogna andare sul sito INDI, scaricare le astrometrie e seguire le istruzioni di installazione: https://indilib.org/about/ekos/alignment-module.html

Apriamo quindi il modulo plate solver su Ekos contrassegnato dal bersaglio

la schermata del plate solver di Ekos, con le astrometrie offline (in locale)

Andiamo quindi ad impostare il tempo di scatto su 30 secondi, la sensibilità su 1600 iso e andiamo a cliccare sull’azione che vogliamo effettuare una volta terminato il plate solving con successo: sincronizzare il planetario con la nostra montatura alla posizione rilevata oppure puntare l’oggetto scelto dopo avere risolto. Si, perchè possiamo scegliere il nostro soggetto (vedi M51 sulla foto sopra), muovere la montatura alle coordinate dell’oggetto e poi effettuare il solving, spostandosi automaticamente sulle coordinate precise dell’oggetto una volta terminato. Personalmente ci piace limitarci a sincronizzare, perchè vogliamo vedere di quanto il nostro allineamento iniziale, effettuato all’accensione del sistema Synscan, è stato preciso. Con questo sistema non è necessario effettuare l’allineamento iniziale del telescopio. Dando per scontato che le coordinate dell’osservatore siano corrette, un piccolo margine di errore ci sarà sempre. Si può quindi effettuare l’allineamento polare, l’allineamento ad una stella dopodichè effettuare il plate solving per avere la massima precisione nel puntamento. NOTA BENE: l’allineamento si può evitare solo con determinati tipi di montatura e di goto, come nel nostro caso, una Skywatcher abbinata ad un goto Synscan di generazione precedente, aggiornato al firmware 3.39. Con altre montature invece compare il messaggio di effettuare l’allineamento iniziale, pena lo sciopero ad oltranza.

Il nostro allineamento iniziale è stato sufficientemente generoso. Una volta aver selezionato l’azione desiderata, nel nostro caso SYNC e cliccato su “cattura e risolvi”, il plate solver scatta la foto come impostato e naturalmente l’astrometria in locale permette un’azione rapidissima del solver e in pochi secondi l’immagine viene risolta ed il planetario viene sincronizzato con la montatura. Il risultato in verde ci conferma l’errore minimo del nostro puntamento iniziale.

7 arcosecondi in ascensione retta e 0 in declinazione non è poi così male, via….
oggetto cercato M51, il messaggio conferma il successo del plate solving

A questo punto chiudiamo Ekos per tornare su Kstar e vedere le due posizioni: quella presunta e quella effettiva. Il riquadro in giallo rappresenta la posizione presunta e l’orientamento del nostro sensore, mentre quello in bianco rappresenta la posizione trovata grazie al risolutore. Possiamo quindi scegliere due opzioni: la prima è quella di aprire il menù contestuale sull’oggetto ed effettuare un goto sull’oggetto oppure possiamo ridurre il rateo dei motori ed usare la nostra pulsantiera per centrare l’oggetto. Questa soluzione è possibile perchè i driver INDI non inibiscono la pulsantiera del nostro goto, a differenza di altri driver comunemente usati su altri sistemi operativi.

le posizioni dopo aver effettuato il plate solving

A questo punto, effettuata la messa a fuoco e sincronizzato la montatura con il planetario, è possibile cominciare a fare le nostre sessioni fotografiche. Disponendo di una camera di guida stand alone quale la Lacerta MGEN2 effettuiamo la calibrazione della stella guida.

il monitor della Lacerta MGEN 2

Con una calibrazione praticamente perfetta, avendo un’ortogonalità del 99% siamo sicuri di poter fare delle lunghe esposizioni senza la paura di avere stelle ovali nel fotogramma. E per chi non ha una camera di guida stand alone? Niente paura, la nostra scatoletta miracolosa Astroberry dispone di un altro ben noto tool gratuito, il blasonatissimo PHD2 Guiding. Puntiglioso quanto prezioso, perchè noioso nella messa a punto, una volta ben configurato si rivela un ottimo tool di autoguida a costo zero, abbinabile a piccole camere di guida quali QHY5 e similari. Ma non approfondiremo il discorso guida oltre questo punto.

E’ adesso il momento di cominciare a vedere se le cose fatte fin’ora sono state fatte bene…. questo approfondimento lo faremo però in un prossimo articolo.

Ci teniamo a far notare che le operazioni sopra descritte, a cominciare dal collegamento di tutte le periferiche ad Astroberry, all’accensione di tutto quanto, all’auto focus e per concludere al plate solving abbiamo impiegato meno di 10 minuti, ottenendo fuoco e posizione perfetti, evitando di perdere il fuoco, ad esempio, quando andiamo a stringere il blocco del focheggiatore.

Speriamo quindi di avervi incuriosito maggiormente sulla bontà del nostro oggetto, dal costo pari ad un decimo di un buon notebook ma con una potenzialità incredibile dettata dalla gestione delle risorse caratteristica dei sistemi su base Debian.

Cieli sereni!

Lo stack di sessioni multiple su Deep Sky Stacker

Avendo la sfortuna di fotografare da una posizione che offre una finestra di cielo abbastanza limitata, fin dai miei primissimi tentativi di fotografia astronomica ho dovuto “razionalizzare” il tempo utile durante le nottate serene, facendo più soggetti a seconda della loro visibilità. Il segnale raccolto in questo modo, tuttavia, non è sufficiente per ottenere un’ immagine accettabile, e così quasi sempre devo tornare sullo stesso soggetto in più nottate. Questo vuol dire avere un gran numero di frames da gestire tra light, dark e flats. Per metterli insieme utilizzo Deep Sky Stacker, che su questo però è poco user friendly. Raccogliendo informazioni qua e la, soprattutto da oltreoceano, sono arrivato a capirne un pochino di più.

I GRUPPI: In basso nella schermata principale di Deep Sky Stacker sono presenti delle “schede” che possono contenere ognuna una sessione di astrofotografia. All’apertura del programma appare solo la scheda “gruppo principale“, ma quando andiamo ad inserire anche solo un frame in questa cartella, automaticamente si creerà la scheda “gruppo 1“. Inserendo qualcosa in quest’ultimo avremo accesso alla scheda “gruppo 2” e così via. La filosofia di DSS con questi gruppi è la seguente:

  • Ciò che viene inserito nel Gruppo Principale ha effetti sugli altri gruppi
  • Ciò che viene inserito nei gruppi successivi ha effetto solo sul gruppo in cui viene inserito
La finestra Gruppi: inserendo anche un solo frames in un gruppo, avremo accesso al gruppo successivo.

All’inizio mi era sembrato strano questo modus operandi, ma pensandoci bene in realtà è molto comodo:

Immaginiamo infatti di poter lasciare la strumentazione montata per più di una sera: potremo fare i flat frames un’unica volta ed utilizzarli per tutte le nostre sessioni. Allora questi flat frames dovranno essere inseriti nel Gruppo Principale.

Altro esempio: chi ha la fortuna di possedere una camera raffreddata, può crearsi delle librerie di dark, catalogandole per temperatura di raffreddamento e durata dell’esposizione. Anche in questo caso, se abbiamo effettuato più serate con gli stessi parametri, potremo caricare i dark solo nel gruppo principale, e automaticamente tutti i gruppi verranno calibrati con quelli.

Di tutto questo ne abbiamo conferma dalla finestra “Procedure di combinazione” che si apre subito prima di lanciare l’allineamento delle nostre foto: Se proviamo a inserire, per esempio, 19 flats nel gruppo principale, e nei successivi gruppi inseriamo solo light e dark, dalla finestra in questione vedremo che DSS calibrerà tutti i gruppi anche con 19 flat.

La finestra Procedura di combinazione ci dice esattamente cosa farà il programma. Ogni Gruppo è considerato come un “passo”. Per ogni passo vengono indicati il numero di light, dark e flat frames. Prima di lanciare la combinazione assicuriamoci che i numeri tornino!

Questo bypassa anche un piccolo ma tosto problema di DSS: se in gruppi diversi sono presenti frames con nomi uguali, questi non verranno combinati. Quindi se inserissimo gli stessi flat in più gruppi questi verrebbero usati solo una volta. E’ importante ricordarsi che tale limite è presente anche per i light: se la nostra DSLR ci fornisce una numerazione progressiva che si azzera ogni volta che scarichiamo le foto, sicuramente avremo frames con nomi uguali durante le varie sessioni: ricordiamoci di rinominarli! Altrimenti alla fine della procedura il numero di frames combinati non ci tornerà con il numero di frames caricati in DSS.

Come fare quindi per fare lo stack di sessioni multiple con DSS? Qua di seguito metto il procedimento che uso io.

  • Cerco il light che più mi piace quanto a posizionamento dell’oggetto, e lo inserisco nel gruppo principale. Questo servirà da riferimento per l’allineamento, in altre parole tutti i successivi frames verranno “impilati” sopra a questo.
  • Se ho fatto i flats una sola volta, inserisco anche questi nel gruppo principale.
  • Inserisco i light e i dark delle varie sessioni nei gruppi successivi (un gruppo per sessione) avendo cura di non reinserire il file che ho usato come riferimento nel gruppo principale. (Questo solo per aver corrispondenza fra il numero dei frames caricati e quelli combinati. Infatti, se non volendo inserissimo due volte un frame con lo stesso nome, questo ci apparirebbe nel conteggio generando confusione, ma non verrebbe comunque combinato due volte).
  • Controllo che i numeri tornino dalla finestra “procedura di combinazione”
  • Lancio l’allineamento
  • Controllo che il numero di frames elaborati (visibile in alto sopra l’immagine combinata) coincida con quello dei frames caricati.

Questo è quanto, spero di essere stato utile a chi ci andrà a sbattere la testa contro.

Cieli sereni

Leonardo

SETI con dongle SDR

Come preannunciato, oggi vi descriverò la configurazione del mio ricevitore SETI acronimo di

Searching for Extraterrestrial Intelligence.

Tutto è cominciato molti anni fa quando sul mio PC PentiumIV (ancora funzionante) installai il client SetiHome che scaricava dalla rete i files acquisiti dall’Osservatorio di Arecibo ( quello del mitico film Contact) e in background eseguiva la FFT generando dei waterfall alla ricerca di “righe” a 1421 MHz!

Perchè la riga a 1421 MHz?

L’ipotesi di allora, valida a tutt’oggi, è che una civiltà aliena sviluppata tecnologicamente almeno quanto se non più di quella Terrestre, sceglierebbe questa frequenza portante per le sue trasmissioni e ascolto “esplorative”, in quanto associata alla frequenza di emissione dell’idrogeno ionizzato H+ (1420,400 MHz), che è l’elemento più abbondante nello Universo .

Inoltre questa frequenza si trova all’interno del “water hole”, un range di frequenze a più basso assorbimento che ne favorisce la propagazione a più grandi distanze.

Associandomi al SETI ho avuto modo di conoscere (via Internet) fornitori di Antenne e HW per la ricezione di segnali nella banda dei 21 cm e di trovare anche cose accessibili, visto il ridotto budget disponibile per questo esperimento, come è a tutti gli effetti.

L’antenna scelta è stata una Loop Yagi centrata a 1.400-1.440 MHz a 45 elementi acquistata dalla Directive System&Engineering.

Il guadagno è di ca.20 dB e il lobo a 3 dB è di ca.16°

Il preamplificatore di antenna LNA è fornitura della Down East Microwave ( very good folk) e si tratta del modello 1350-500 MHz High Performance Low Noise Amplifier con un guadagno di 25 dB a 1421 MHz e una Figura di rumore inferiore a 0,7 dB.

Come ricevitore sto utilizzando un dongle SDR della NooElecoom,acquistato su Amazon, gestito con il SW #SDR scaricabile dalla rete. ( Esiste anche una versione per Raspberry).

Utilizzo anche un ricevitore Total Power, il uRAL10 , acquistato da una ditta italiana la Radioastrolab.

Risultati: purtroppo il sistema soffre delle pesanti interferenze legate a emissioni prossime alla banda ( tra l’altro protetta!!) e disturbi vari: in effetti nelle ore notturne che vanno dalle 2 am alle 5 am il segnale rimane abbastanza pulito, ma NON ho mai rilevato qualcosa di significativo, come d’altronde non poteva essere altrimenti, MA l’antenna è lì , puntata sul meridiano a ca 70° di elevazione, e la volta celeste transita nel suo lobo di 16°con la rotazione terrestre…NON si sa mai!!



Le immagini che seguono sono il waterfall del transito della Via Lattea nel lobo dell’antenna.

Le immagini che seguono sono invece associate al transito del Sole rilevate con una parabola da 120cm ,frequenza del segnale 11 GHz , alla frequenza convertita dal LNB a 970 MHz ( che comunque adesso è finita in cantina)

il ricevitore SDR è quindi una valida soluzione per la ricezione di segnali RF nella banda 21 cm -3 cm (convertita)

Questo è il waterfall del segnale ricevuto utilizzando un VCO in TX (1412 MHz circa) a circa 10 m. dall’antenna, che utilizzo come Test del sistema.

Se “arrivasse” un segnale dovrei vedere qualcosa del genere!!! Ma non mi illudo….

…ma il giorno 21.10.2019 il sistema (non presidiato in quel momento) ha registrato questo segnale:

Nei giorni successivi ho cercato la “ conferma “, ma NON c’è mai stata!

…to be continued!

Restiamo a casa…e rivolgiamoci alle stelle

O almeno, a me è successo così. Erano anni che avevo abbandonato la passione per l’astronomia, ma in questo periodo di forzato ritiro ho potuto realizzare quello che mi frullava nella testa da un po’: rispolverare l’attrezzatura, rimasta ferma da più di 10 anni, e dedicarmi di nuovo a questa meravigliosa passione. E così, per merito anche di mia moglie che è incline a assecondare tutti i miei capricci, ci siamo messi di buona lena a pulire ottiche e sostituire condensatori (ebbene si, il mio telescopio, un LX200 da 10 pollici, era di quelli che “prendevano fuoco” a causa di condensatori al tantalio che mal reggevano i 18v di alimentazione). Ci è voluto un po’ di tempo per mettere a punto tutto, la tecnologia in 10 anni ha fatto passi da gigante ma alla fine, tra prove e “paroline magiche”, ora tutto funziona. Rimane il problema che l’LX200 in configurazione equatoriale è un pachiderma da un quintale, un po’ sprecato come supporto per un APO da 80 mm che uso per l’astrofotografia; però per il momento questo c’ho e questo uso. La montatura a forcella non eccelle in nulla ma fa bene il suo lavoro, se si è disposti a fare un po’ i contorsionisti per cercare di guardare nell’oculare durante l’allineamento. Quello che impressiona, se si considera che si tratta di un progetto del 1993, è la precisione di puntamento e le funzioni, che sostanzialmente sono identiche a quelle di montature progettate 25 anni dopo.

L’LX200 in configurazione House Party

Qua sotto vi mostro i miei primi tentativi di fotografia digitale. Non siate troppo severi, con photoshop sono un asino. Per ora so solo regolare il livello del nero e stretchare le curve.

Il gruppo di galassie di M81 nell’Orsa Maggiore: 61 frames da 220sec. per un totale di 3 ore e 43 min. – Canon 450D su Astroprofessional ED80, filtro Optolong L-Pro.
M104 “Galassia Sombrero” nella Vergine. 60 frames da 180 sec per un totale di 3 ore.
Canon 450D su Meade LX200 10″ ridotto a f/6.3. Filtro Svbony CLS.
Il Tripletto nel Leone. 97 frames da 220s, per un totale di circa 6 ore.
Canon 450D su Astroprofessional ED80. Filtro Optolong L-Pro.

Ad maiora

Leonardo Landi

Giocherellando con Astroberry

Buona Pasqua a tutti, cari Astrofili affezionati del nostro blog. Dopo una decina di giorni di prove ho deciso di mettere giù qualche riga riguardo ai giocattoli nuovi entrati prepotentemente a far parte di AstroVersili, i Raspberry. Al raggruppamento del CAAT dello scorso 8 dicembre Paolo Bacci ventilò l’idea di una AllSky camera, e lì cominciò a frullarmi in testa questa cosa. Finchè non trovo in rete, sul sito GitHub un articolo di Thomas Jaquin su come costruire una AllSky camera con un Raspberry PI. Gli interessati possono naturalmente andare a vedere qui, è spiegato bene e se pur il raspberry non sia cosa da principianti in informatica, si trova tutto il tutorial rendendo la vita più facile anche ai meno smanettoni: https://github.com/thomasjacquin/allsky

La camera in questione è una ZWO ASI034MC, presa d’occasione. Piccola camera planetaria, ormai superata, sacrificabile per il progetto. Lo stesso propone una ZWO ASI120, però noi abbiamo trovato questa e l’abbiamo messa in casa. L’obiettivo è stato donato da una telecamera di videosorveglianza rotta ormai passata nello scatolone riportante la scritta “Cose che potrebbero servire”. Meno male che ce n’erano due, il primo obiettivo era più spinto, il secondo più aperto. L’adattatore M42 ordinato su Aliexpress e mai arrivato a causa delle poste che hanno ridotto ormai il servizio a causa dell’emergenza sanitaria del momento è stato genialmente autocostruito con la stampante 3D del gruppo. E finalmente dopo qualche giorno, stanotte una delle tante sorprese:

La prima meteora ripresa dalla nostra AllSky Camera, direzione da sud a nord.

Il raspberry si comporta egregiamente, per ovviare alle alte temperature abbiamo dotato il contenitore di una grossa ventola traente. Seguiranno naturalmente ancora prove prima di effettuare la condivisione delle immagini sul nostro sito. Il progetto comunque permette di produrre immagini, time lapse, startrail, e keogram.

il time lapse della scorsa notte
lo startrail della scorsa notte
il keogram della scorsa notte

Non paghi della versatilità di cotanto apparecchio, arriva il messaggio di Simone che sventola in pompa magna la parola “Astroberry”. Lì per lì ho sottovalutato la cosa, pensando fra me e me che tanto avevo già il computer e che non me ne sarebbe certamente servito un altro visto che tanto uno ce l’avevo già. Però con Simone che pungola da una parte e dall’altra la curiosità di vedere come funzionava hanno fatto breccia e mi hanno costretto a sfare l’altro progetto che stavo facendo con il raspberry, ossia un lettore multimediale, e provare ad installare Astroberry al posto di Raspbian.

ed eccolo qui Astroberry, l’ingombro è quello di un pacchetto di sigarette, la potenza è incredibile

Il sistema operativo si presenta già con IP statico, Samba e come planetario usa KSTAR. Non è eccezionale dal punto di vista grafico, però svolge bene la sua funzione. Collego la Canon alla porta usb e do il via a EKOS, il programma per astrofoto dedicato di Kstar. Lì per lì non ne vuole sapere, ma il buon toscano ha la sua arma segreta, che ora non posso svelare causa blasfemia. E miracolosamente comincia a funzionare. Kstars prima di funzionare, come tutti i programmi seri, deve essere configurato sennò non ti permette di fare nulla. Con calma e pazienza, non conoscendolo, perdo un pomeriggio sano per configurarlo (cosa che poi si è rivelata semplicissima, un lavoro da 10 minuti).

Decido quindi di provare a collegare la montatura ad Astroberry tramite il Synscan provo di tutto e di più ma niente, non si muove. Per poter essere interfacciata al computer con driver Ascom e sistema operativo windows, il Synscan deve essere impostato su PC direct mode, per cui opto per la stessa modalità, ma niente, non vuole funzionare. Non so perchè ma decido di uscire dalla modalità pc di Synscan e tantomeno so il motivo per il quale clicco sullo spostamento a nord del comando di Kstars….Eppur si muove!

Capito il giochino, non rimane ancora che provare il tutto. La sera stessa collego tutte le periferiche, montatura, fotocamera e focheggiatore Armadillo ad un hub usb utilizzando solamente una delle porte usb-3 di Astroberry, dal menù strumenti > gestione periferiche di Kstar configuro senza problemi sia la montatura, una Skywatcher EQ6, che l’Armadillo. Effettuato il classico allineamento a tre stelle – perchè comunque una delle particolarità di Kstar è quella di lasciare disponibile il tastierino del Synscan, a differenza di EQmod, che funziona solo se è attivata la PC direct mode sul Syscan inibendo il tastierino, una volta acceso il demone su Kstar, premendo il tasto destro sul planetario > synscan > find scope il planetario si posiziona sulle coordinate del telescopio, che vengono lette da Kstar ma permettendo le correzioni del caso per poi poter sincronizzare il tutto sempre con il tasto destro > synscan > sync.

come si presenta Kstar, nonostante l’immagine sia della versione per windows, su Astroberry è perfettamente uguale

Per dirigere il telescopio sull’oggetto prescelto, ad es. M42, ci sono più possibilità. Durante la configurazione di Kstar è possibile scaricare tutti gli aggiornamenti del profondo cielo (DSO), comete, stelle, asteroidi, pianeti ecc., dopodichè possiamo seguire diverse strade: A) spostarsi nel planetario selezionando l’oggetto, tasto destro del mouse > synscan > goto; B) digitare il nome dell’oggetto nel campo di ricerca e da lì puntare l’oggetto; C) la parte più divertente, dove, in base alla magnitudine dell’oggetto variabile a piacimento, si può vedere gli oggetti del momento: menu strumenti > dati > che si vede stanotte.

che si vede stanotte?

Nella finestra relativa a “che si vede stanotte” è possibile scegliere e puntare gli oggetti in base a data, luogo, periodo del giorno e magnitudine. E naturalmente dalla tipologia di oggetto.

Avendo impostato una magnitudine 15 ed avere selezionato comete, se il database è stato ben configurato verranno fuori le comete visibili alle nostre coordinate, con una magnitudine fino ad un massimo di 15 e nel periodo serale.

ecco le comete visibili fino alla quindicesima magnitudine

E’ sufficiente quindi cliccare su centra oggetto per visualizzarlo sul planetario e poi usare la funzione GOTO del demone del telescopio per puntare l’oggetto. Semplice, no? Ma le sorprese non finiscono perchè, anche se non è APT, l’ormai blasonato programma che gira esclusivamente in ambiente windows, Ekos, il potente tool fotografico di Kstar, fa il lavoro sporco. Si accolla il peso di tutte le sessioni fotografiche. Queste sono programmabili con estrema facilità, perchè quando il programma conosce le nostre ottiche e la nostra attrezzatura di ripresa, siamo già a metà dell’opera. E siccome glielo avete impostato in precedenza, non dovreste avere alcun problema nel farlo funzionare. Eventualmente seguirà un piccolo articolo sull’utilizzo di Ekos.

Passiamo però al punto di forza di Astroberry: avendo la possibilità di avere il proprio wifi per potersi collegare in remoto con altri dispositivi tipo tablet o cellulari (naturalmente non delle vecchie ciofeche, ma dei dispositivi piuttosto buoni). Personalmente ho fatto le prove con un Ipad air 2 e con uno Huawei P9 plus. Sono strumenti un po’ datati però perfettamente funzionanti. Però ricordiamoci: non si può pretendere di interagire con Astroberry con un Nokia 3310, se pur glorioso telefono….no, non è proprio adatto. Vediamo quindi come si presenta Ekos sul monitor dello Huawei in collegamento tramite VNC:

Ekos durante la ripresa fotografica. Una sessione di 20 scatti da 5′ a 800 iso, screenshot da Huawei P9 plus

Il risultato è evidente…

il tripletto del Leone fotografato con Canon 1100D e Ekos visualizzato su pc collegato con VNC

Così come APT, nella versione a pagamento, ha la possibilità di effettuare il plate solving interfacciandosi con All Sky Plate Solver, fantastico programma scritto da Giovanni Benintende, che in base alle ottiche permette di scaricare tutte le astrometrie adeguate alle nostre ottiche, oppure con platesolver 2, altro programma che svolge la stessa funzione, questa opzione viene attivata solo ed esclusivamente se il programma è registrato. 19 euro li vale tutti, per l’amor del cielo, così come il rinnovo annuale che ne costa solo 6, però se un programma è gratis e funziona bene, perchè non provare ad utilizzarlo? Ekos cosa fa: la funzione plate solving permette di scattare un’immagine, trasmetterla direttamente ad astrometry.net per ricevere la posizione esatta del nostro telescopio rispetto alla posizione sul planetario. Una volta ricevuta la corretta posizione, Ekos ci permette di sincronizzare la montatura ed il planetario sulla posizione attuale oppure di centrare l’oggetto che avevamo scelto. Personalmente preferisco sincronizzare e poi ricentrare l’oggetto.

il plate solving di Ekos. Ci mostra l’effettiva posizione del telescopio e il soggetto che avevamo scelto prima di effettuare il plate solving

L’immagine sopra mostra l’effettiva posizione del telescopio dopo aver effettuato il plate solving ed avere effettuato la sincronizzazione della montatura con il planetario Kstar. Particolarità di questo plate solver è indicare l’errore che c’era prima della sincronizzazione.

l’errore del puntamento precedente riportato in rosso

Non rimane altro che ricentrare il telescopio sul nostro soggetto, fare un paio di pose per vedere se lo abbiamo nel mezzo del fotogramma, dopodichè cominciare la nostra sessione fotografica.

M 66 ricentrata dopo il plate solving. Screenshot da Huawei P9 Plus

Ulteriore particolarità del plate solving di Ekos è quella di mostrare l’orientamento del fotogramma dopo aver ricentrato il soggetto, di mostrare dove si trova il telescopio e quindi darci la possibilità di cominciare l’inseguimento. Per guidare, Astroberry include già il ben noto programma gratuito PHD Guiding, che si interfaccia alla perfezione con Kstar. Non mi dilungo ulteriormente su questo argomento per oggi, ma concludo dicendo che la gestione dispositivi di Kstars permette di controllare tantissime periferiche, delle marche più o meno note. Il costo è accessibile da tutti, perchè un Raspberry PI4 con 4 giga di ram completo di tutto, scafandro, ventola, radiatori, ed una schedina micro SD da 64 gigabytes costa all’incirca un centinaio di euro. Un potente tool per il nostro osservatorio a costo praticamente irrisorio.

Cieli sereni